Ebola: l’epidemia spiegata da Medici Senza Frontiere

Ebola: l’epidemia spiegata da Medici Senza Frontiere

Martedì 19 dicembre 2018, la dottoressa Chiara Montaldo, di Medici Senza Frontiere, ha presentato la ONG alle classi III della Sede Durazzo, raccontandoci in particolare della sua esperienza nella Repubblica del Congo dove si cerca di fermare l’epidemia di ebola più grave che il paese abbia mai conosciuto e che purtroppo non accenna a fermarsi.

Per prima cosa ci ha parlato del virus dell’ebola che è un patogeno che provoca una grave febbre emorragica, spesso fatale, non solo nell’uomo, ma anche negli animali. La malattia si trasmette attraverso il contatto diretto con sangue, feci, liquidi corporei o mangiando carne di animali infetti. All’origine la malattia è passata all’uomo tramite pipistrelli e scimmie e per questo le prime persone ad ammalarsi sono stati dei cacciatori che andavano a cacciare nelle caverne.

I sintomi iniziali sono aspecifici, simil-influenzali come nausea, vomito, febbre, mal di testa e quindi non si possono collegare subito a quella malattia in particolare. Infatti nei centri ospedalieri, vi è una zona per i malati sospetti e una per quelli confermati tramite l’esame del sangue.

Uno dei motivi per cui la malattia è così fatale è perché interferisce con la capacità del sistema immunitario di organizzare una difesa efficace.
I pazienti che sopravvivono all’ebola, dopo una viremia di circa 2-3 settimane, hanno un recupero lento che può richiedere anche diversi mesi e per sei mesi non possono avere rapporti sessuali completi per non rischiare di contagiare i propri partner.
In caso di morte, invece, il corpo del malato è ancora più contagioso e si devono quindi prendere protezioni molto accurate.

I medici che operano nella struttura non devono stare più di un’ora all’interno della tenda ospedaliera dove vengono ricoverati i malati, e devono entrare solo con una protezione speciale: tuta gialla, mascherina, guanti e stivali di gomma. La tuta viene bruciata ogni volta che il medico esce dalla tenda, invece il resto della divisa viene sterilizzato in acqua clorata. Ogni giorno quindi, circa 150 tute sono utilizzate e bruciate, per un valore di 4500 dollari. È per questo che un’epidemia di ebola “costa tantissimo”, non solo per i medicinali necessari ma anche per l’attrezzatura.

Chi è stato contaminato dal virus dell’ebola e guarisce (solo il 30 o 40% dei malati) diventa immune durante l’epidemia, ma se dopo un po’ di tempo si presenta un’altra epidemia dove il virus è mutato, la persona non è più immune.
Per questa ragione, alcuni pazienti, guariti, sono invitati ad aiutare il personale medico perché, essendo immuni, possono supportare i pazienti con la sola mascherina e per più tempo. Questo fattore è molto importante anche dal punto di vista psicologico per i malati, ma soprattutto per i pazienti più piccoli che possono essere tenuti a lungo in braccio da chi ha già combattuto e vinto la sua battaglia, contrariamente ai medici con la tuta gialla.

Quando sono chiamati per un’epidemia, non sapendo ancora quale sia la malattia, i medici devono essere molto attenti a proteggere se stessi per primi.
Durante la missione, anche tra i medici i contatti devono essere ridotti al massino (non si stringono mai la mano, niente abbracci, niente pacche sulle spalle ecc.): è la “No Touch Policy” per evitare il passaggio di germi.
Quando lo staff va via deve istruire medici e personale locale per dare continuità al progetto.

Oggi esistono alcune medicine e vaccini in via sperimentale che danno risultati alterni, quindi non ancora di grande aiuto. Si vaccinano tutti i contatti degli ultimi tempi della persona infetta e i contatti di questi ultimi.

Durante una missione, è molto importante il dialogo con le persone e le autorità locali per non rischiare di fare un lavoro vano (per esempio una volta sono state costruite le latrine in poche ore, ma gli abitanti, di religione musulmana, rifiutavano di utilizzarle perché erano state posizionate dando le spalle alla Mecca). In questa ottica sono molto importanti gli interpreti locali che mettono a conoscenza la popolazione di quello che viene fatto per loro, anche perché spesso nei villaggi lontani da tutto, tante persone sono analfabete.

Medici Senza Frontiere è un’organizzazione internazionale non governativa, fondata il 22 dicembre 1971 a Parigi e nata da un confronto interno nella Croce Rossa da parte di alcuni medici e giornalisti che volevano testimoniare e far conoscere al mondo le condizioni delle popolazioni durante i conflitti.

Le lingue necessarie per far parte di Medici Senza Frontiere sono l’inglese e il francese, più lo spagnolo per operare in alcune parti del mondo. Medici Senza Frontiere opera in zone dove spesso vi sono conflitti armati, in questo caso devono parlare con i leader dei gruppi di guerriglia armati per garantire la massima sicurezza allo staff. Comunque, di solito, non sono presi di mira perché tutti sanno che il loro scopo è quello di curare chiunque ne abbia bisogno. L’unica regola è di lasciare le armi fuori dall’ospedale da campo.

Alla fine dell’intervento la dottoressa Chiara Montaldo ci ha illustrato le differenze tra il virus dell’HIV e quello dell’ebola.

Il virus dell’ebola è più aggressivo e ha un decorso molto più veloce (tre settimane per guarire o morire), mentre l’HIV è più “intelligente” perché usa il corpo della persona infetta per lungo tempo (10 anni circa senza la terapia) ed è asintomatico nella prima fase della malattia, quindi si rischia di contagiare più persone. Per questo motivo è importante fare il test di positività in caso di comportamento a rischio.
La ricerca ha fatto tanti progressi nella conoscenza e terapia dell’HIV perché si è manifestato anche nei paesi ricchi del mondo mentre, per ora, l’ebola si è presentato solo in paesi poveri, come l’Africa, suscitando meno interesse e ricerca.

Ringraziamo la dottoressa Chiara Montaldo per aver condiviso con noi la sua esperienza, è stato un incontro molto interessante dal punto di vista scientifico, ma che ci ha anche arricchito umanamente perché ci ha fatto riflettere su quanto noi siamo fortunati rispetto ad altri bambini e ragazzi che hanno la sfortuna di nascere in paesi dove tutto è più difficile.

Classe III C, Scuola Durazzo Sede

redazioneminiscoop
redazioneminiscoop@gmail.com
1 Comment
  • Roberta
    Posted at 15:25h, 21 Gennaio Rispondi

    Grazie per l’articolo chiaro, completo e molto istruttivo. Io non conoscevo tutte queste informazioni sul virus dell’ebola.
    Roberta

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