L’amore e il rifiuto

L’amore e il rifiuto

Continuano i lavori della classe digitale ispirati alla mitologia classica greca e romana. Questa volta una studentessa della Durazzo è invitata al banchetto dei Feaci e siede accanto ad Ulisse

La lettera

Ero da sola, nella mia casa. È difficile spiegare il concetto di solitudine di quel momento, ero semplicemente sola. Avevo tanti amici gentili nel popolo, ma non avevo ancora provato il fremito dell’amore che ti fa perdere i sensi. Lo aspettavo, tutta sola. Sentii un brivido dietro la schiena; era la finestra, insieme alla polvere. Il vento di Eolo si portò con sé una lettera.
La raccolsi e vidi che era stata spedita dal Alcinoo, re del mio popolo, i Feaci: «Cara nipote, tu che non piangi per non rovinarti quel volto da dea, potrai conoscere, in un ricco banchetto, il nostro ospite sbarcato proprio oggi senza nulla di cui vivere, solo, su una zattera. Vieni e mostra a tutti la tua bellezza senza alcun limite. O Promiste, nipote baciata da Afrodite, non temere, vedrai che Era ti aiuterà a trovare lo sposo per cui tanto soffri».

Feci un ultimo sospiro, posai la lettera sul tavolino e, insieme alle mie ancelle, mi feci un bagno. Indossai un lungo vestito bianco.
Ormai le montagne in lontananza avevano preso in possesso il sole; capii che era l’ora di recarmi al banchetto.

Il banchetto

Subito mi feci posto accanto a mia cugina Nausicaa, poi lo vidi, per la prima volta.
Era un uomo affascinante, non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso…il fremito, lo sentii, era lui!
Rimasi tutta la sera incantata a guardarlo e ad ascoltare, attenta come un lupo, le sue parole piene di coraggio. Avevo voglia di asciugargli le lacrime e conservarle in un’ampolla di cristallo per non dimenticarmi mai di lui e della sua bellezza inimitabile.
Alla fine del banchetto il mio amore per Ulisse -anche il suo nome mi faceva venire gli occhi a cuore- mi portò ad andargli incontro ed a parlargli, ma lui mi rifiutò. Non voleva me, non sapeva neanche che io esistessi.
Anche se non mi voleva, io non mi ero arrabbiata con lui, ma con il mio destino.
Così, presa dalla tristezza, raccolsi dal giardino reale una rosa rossa, le strappai tutti i petali uno per uno e, poi, rivolta al cielo, scandii: «Oh miei dei, siete così imponenti e forti lassù, io non vi vedo però piangere per me, neanche te, o mia Afrodite, tu che mi hai donato la vita e la bellezza. Se vuoi che io per altri giorni lavi, faccia i riti la mattina, allora fammi ritornare nelle mie mani tremolanti un petalo della rosa che, ormai, come il mio amore, da me se ne è andato».
Mi rivolsi agli dei con parole sicure e ricche di tristezza pura. Non mi ero mai sentita così sola in vita mia.
Sapevo che era lui, era lui la mia rosa che sarebbe tornata da me… ma non lo fece, non tornò da me, neanche un insignificante petalo di quella inutile rosa rossa.
Adesso sì, ero arrabbiata anche con lui, il mio amore.

La discesa nell’Ade

A passo veloce mi diressi verso il coltello per tagliare l’agnello dedicato agli dei e mi tolsi la vita. Il sangue mi colava dal petto e la mia testa più non pensava, le palpebre mi calarono e il mio corpo non mi reggeva. Il dolore aveva invaso la mia anima.
La mia testa colpì il terreno quando mi ritrovai in un posto buio e silenzioso: l’Ade. C’era una folla di persone tutte uguali, sembravano fantasmi. I loro visi erano nascosti da un mantello nero.
Emanavano dei sussurri inquietanti, tutti tranne uno che mi esaminò e poi pronunciò: «Tu sei diversa, assomigli ad un nostro vecchio ospite che venne vivo a chiederci il suo destino, si chiamava Ulisse».
Iniziai a piangere.
«Devi andartene da qui, hai troppo amore nel cuore per stare in questo posto. Vattene!».

Promiste trova l’amore.

Ancora una volta ero stata rifiutata, mi sentivo malissimo.
Aprii gli occhi di scatto e notai davanti a me tante ragazze con sguardi pieni di bellezza che servivano una donna stupenda seduta su di un trono: era Afrodite. Trascorsi i giorni al servizio di Afrodite che gentilmente mi aveva accolta nella sua casa. Afrodite creò di me una dea, Promiste, dea del rifiuto e dell’amore eterno.

In un giorno come altri ricevetti i miei soliti sacrifici dagli uomini terreni ed in cambio donai amore a chi ancora non lo conosceva neppure.
«Lo so che è assurdo, ma anche se sono la dea dell’amore eterno a me l’amore non è mai stato ricambiato da nessuno!» pronunciai sincera queste parole ad Afrodite. Mi guardava con un sorriso che passava da un orecchio all’altro, ma stava attenta che non le spuntassero le rughe. Non capii il perché.
Ad un tratto, dalla luce proveniente dalla Terra, spuntò un uomo meraviglioso, spettacolare… era Ulisse!
Appena mi vide, mi fissò per un po’ di tempo e poi mi corse incontro, mi prese e mi baciò.

Quello sì che era amore, vero amore!

Elisa G., classe 1E, Scuola Secondaria di Primo Grado C. Durazzo

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