Marie Skłodowska Curie: una scienziata “giusta” due volte

Marie Skłodowska Curie: una scienziata “giusta” due volte

Sale sull’albero delle persone giuste della classe 3°C anche Marie Skłodowska Curie: la prima donna a ricevere, per due volte, il premio Nobel! Una «giusta» perché ha sfidato senza tentennare i preconcetti del suo tempo dedicando tutte le sue energie intellettuali allo scopo di migliorare le condizioni di vita degli uomini attraverso la scienza.

Nasce a Varsavia nel 1867 e muore a Parigi nel 1934, oramai nota al mondo come Marie Curie.
Nel 1903 riceve, insieme al marito Pierre Curie e al collega Antoine Henri Becquerel, il suo primo Premio Nobel per la Fisica grazie agli studi condotti sulle radiazioni atomiche. In quello stesso anno, la Royal Society di Londra assegna loro la Medaglia Davy: un importante riconoscimento scientifico per chi si distingue nel campo della chimica.
L’anno successivo riceve, sempre insieme al marito, la Medaglia Matteucci che l’Accademia Nazionale delle Scienze di Roma assegna ai fisici.
Nel 1906 è la prima donna a ricoprire la cattedra di fisica della Sorbona. Nel 1911 riceve il Premio Nobel per la Chimica per la sua scoperta del radio e del polonio, cosi chiamato in onore della Polonia, la sua patria.
È la prima persona al mondo a ricevere due premi Nobel.

Maria Sklodowoska cresce nella Polonia dominata dagli zar, dove alle donne è proibito non solo di accedere agli studi superiori, ma anche di fare lavori diversi da quelli di maestra o domestica. Insofferente a questo clima politico oppressivo e ottuso, lavora come governante presso una ricca famiglia di Varsavia per consentire alla sorella di studiare a Parigi, dove può finalmente raggiungerla nel novembre del 1891, all’età di 24 anni.
Maria si iscrive alla Sorbona per frequentare gli studi di Scienze e Matematica; qui conosce Pierre Curie ed Henry Becquerel e si appassiona ai fenomeni della radioattività: dopo anni di lavoro isolato e concentrato all’interno dei laboratori dell’Università, nella tesi di dottorato Maria Skłodowska, oramai moglie di Pierre Curie, presenta due nuovi elementi chimici: il polonio e il radio (1902).
Per arrivare a stabilire il peso atomico del radio, la scienziata si sottopone a un lavoro massacrante su tonnellate di pechblenda, un minerale che abbonda nelle miniere di argento, utilizzando il metodo della cristallizzazione frazionata, ideato e messo a punto dalla stessa Sklodowska, e che prevede l’uso di un gas altamente tossico.

La scoperta del radio e, soprattutto, dei raggi emessi dal radio rende, di colpo, i coniugi Curie famosissimi.

Tra le prime applicazioni del nuovo elemento, si distinguono la radioterapia e la radiologia.
La stessa Marie, insieme alla figlia Irène, nel 1914 predisporrà ben 20 camion, soprannominati «petites Curies» e dotati della strumentazione salvata dai laboratori e dagli studi medici abbandonati, per creare un servizio di “Unità mobile di soccorso radiologico” che possa raggiungere le zone più difficili interessate dai combattimenti della Prima Guerra Mondiale (ad esempio Verdun).

Una “petite curie”

Lo scopo della scienziata è quello di impedire amputazioni d’emergenza non necessarie: istruendo il personale di soccorso sull’uso e sulla lettura delle radiografie, molti soldati eviteranno mutilazioni disordinate oppure interventi chirurgici troppo invasivi alla ricerca dei proiettili. Durante la guerra verranno eseguite più di un milione di radiografie e istruiti personalmente dalle due scienziate ben 150 operatori sanitari, per l’anatomia e le tecniche di indagine radiologica.

Voiture radiologique

Il contributo di Marie ed Irène Curie allo sviluppo della chirurgia viene subito apprezzato dai medici militari e, in seguito, riceverà grandi riconoscimenti dai colleghi americani.

Già dai primi anni del nuovo secolo, grazie agli studi di Becquerel sul radio, alcuni medici francesi hanno cominciato a sottoporre i pazienti oncologici alle emanazioni del radio, notando che le cellule tumorali dell’epidermide vengono distrutte dai raggi. Questo, insieme alla decisione incredibilmente generosa di Marie Curie di non brevettare il processo di isolamento del radio, donandolo alla comunità scientifica internazionale affinché tutti i campi di applicazione della radioattività possano essere studiati senza limitazioni, fa sì che molti industriali colgano l’occasione per estrarre il radio su scala industriale.

Nella primavera del 1906 Pierre Curie muore tragicamente, investito da una carrozza a Parigi; in quello stesso anno, a Marie viene finalmente concesso di insegnare, occupando la cattedra che era stata di Pierre.

Ma, contemporaneamente, i suoi meriti scientifici iniziano a essere messi in discussione.


L’Académie Française des Sciences scarta la sua candidatura di ammissione facendo intendere che i suoi meriti erano in realtà da attribuire al marito e i giornali parigini dedicano lunghe settimane a sostenere una presunta relazione sentimentale tra la “vedova illustre” e un ex-allievo di Curie.
Quando riceverà il secondo Nobel, le consiglieranno addirittura di non recarsi a Stoccolma a ritirarlo (Einstein le scriverà una lettera per dichiararle tutto il suo sostegno).

Nonostante questo clima così ostile, Marie non abbandona i propri studi e la propria attività: nel 1909 fonda a Parigi l’Institut du radium, oggi noto come Istituto Curie, e nel 1932 ne crea uno analogo a Varsavia.
Nel 1921 compie un viaggio negli USA per raccogliere fondi monetari necessari alle sue ricerche sul radio.

Nei suoi ultimi anni di vita, Marie viene colpita da una malattia, contratta quasi sicuramente attraverso il contatto del radio, e muore nel 1934 a Passy, in alta Savoia.

Marie e Pierre Curie ebbero due figlie, Irène e Ève. Irène sposò Frederic Joliot e, insieme al marito ricevette il premio Nobel per la Chimica nel 1935. Ève fu istruttrice e consigliere speciale del Segretario delle Nazioni Unite, ambasciatrice dell’UNICEF in Grecia sino al 1965.

Enrico, Miguel, Giada, Marta e Gianmaria, classe 3°C, Scuola Secondaria di Primo Grado C. Durazzo

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